La cardiopatia ischemica è una malattia determinata da un ridotto apporto di sangue al cuore per l'ostruzione o il restringimento dei vasi che nutrono il muscolo cardiaco, il miocardio. Questi vasi, chiamati arterie coronarie, sono soggetti, come altre arterie di vari distretti corporei, ad un processo di irrigidimento e di deposizione di grassi sulle pareti, fenomeno comunemente noto con il nome di aterosclerosi, che si sviluppa abitualmente con il trascorrere degli anni.
La sintomatologia della cardiopatia ischemica ha elementi comuni nelle differenti forme di presentazione, angina ed infarto: entrambi si manifestano con dolori toracici simili ad una sensazione di peso (angina vuol dire costrizione), possono essere irradiati al collo, alle spalle e agli arti superiori, talora sono accompagnati da sudorazione fredda e svenimenti. I dolori dell'angina durano solo alcuni minuti, mentre quelli dell'infarto durano assai di più e possono non passare con i farmaci che solitamente risolvono i sintomi dell'angina. Il dolore è comunente sordo, a partenza interna, non interessa le strutture ossee superficiali, non si modifica con i movimenti del torace.
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La definizione " scompenso cardiaco " si riferisce ad un insieme complesso di sintomi e manifestazioni fisiche causate dall'incapacità del cuore di soddisfare le esigenze dell'organismo. Lo scompenso cardiaco può verificarsi a qualsiasi età e può essere provocato da svariate condizioni .
Il trattamento dello scompenso cardiaco prevede varie opzioni; l'obiettivo è quello di rallentare la progressione della patologia, ridurre l'ospedalizzazione, aumentare la sopravvivenza e ridurre i sintomi al fine di migliorare la qualità della vita. E' importante sottolineare il ruolo di chi condivide la vita di una persona cara affetta da scompenso cardiaco e può fare davvero la differenza nella vita del paziente.
Va ricordato che solo il medico curante può individuare le opzioni di trattamento adatte al paziente. Come per altre condizioni, una diagnosi precoce e la stretta collaborazione con il proprio medico curante sono le chiavi del successo nella gestione a lungo termine dello scompenso cardiaco.
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Con il termine di ipertensione arteriosa si definisce un aumento anormale della pressione arteriosa. La pressione arteriosa è l’ energia con la quale il sangue circola nei vasi arteriosi. Essa dipende dalla spinta impressa dal cuore al sangue e dalla elasticità dei vasi arteriosi: più questi sono rigidi e più la pressione sarà alta.
I valori della pressione arteriosa variano con l'età, tendendo ad aumentare con il passare degli anni, e nel corso della giornata, risultando più alti al risveglio, tendendo a diminuire durante il giorno, aumentando in caso di sollecitazioni fisiche ed emotive. Si può quindi comprendere come non esistano in senso assoluto valori di pressione arteriosa normali e la definizione di limiti netti possa risultare arbitraria.
E' in ogni caso desiderabile, alla luce degli studi effettuati una pressione arteriosa con valori inferiori a 140/90 mmHg, dove il primo numero (140) indica la pressione sistolica o "massima" e il secondo numero (90) indica la pressione diastolica o "minima".
In considerazione di questo dato le ipertensioni arteriose si suddividono in leggere-moderate, quando i valori di pressione diastolica giungono sino a 110 mmHg, ed in gravi, quando i valori sono superiori. Su 100 pazienti con riscontro di ipertensione arteriosa solo 3 o 4 presentano delle malattie ben identificabili e curabili che hanno causato l'aumento dei valori pressori. In tutti gli altri casi non è possibile identificare una causa evidente: si parla di ipertensione essenziale. Si tratta quindi della forma più comune di ipertensione arteriosa, nei confronti della quale esiste una predisposizione familiare e che sarebbe legata ad alterazioni da parte delle cellule nella gestione di due sostanze: il sodio ed il calcio.
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Sono le alterazioni della normale sequenza dei battiti cardiaci. Quando si osserva un aumento anomalo dei battiti si parla di tachiaritmie o tachicardie. Se al contrario si ha una diminuzione anomala del numero dei battiti si parla di bradiaritmie o bradicardie.
In condizioni normali tale stimolo ha origine dal nodo del seno e collocata negli atri, che sono la parte superiore del cuore. Dal nodo del seno lo stimolo elettrico viene veicolato verso il basso sino alla parte inferiore del cuore, i ventricoli.
Quando lo stimolo elettrico origina da zone diverse dal nodo del seno, viene chiamato extrasistole. Le tachicardie, invece, rappresentano un persistente aumento della frequenza cardiaca e vengono suddivise in sopraventricolari o ventricolari a seconda della parte del cuore in cui si localizzano.
Quando lo stimolo elettrico ha difficoltà ad avere origine dal nodo del seno oppure a transitare attraverso il normale tessuto di conduzione, si parla di blocco della conduzione cardiaca (senoatriale, atrioventricolare, intraventricolare o di branca).
Non sempre il riscontro di una aritmia cardiaca è da considerarsi espressione di una malattia del cuore. Extrasistoli possono normalmente comparire in persone sane, la febbre o lo sforzo fisico possono dare tachicardie, l'allenamento sportivo può dare bradicardie.
Le aritmie inoltre possono originare da qualsiasi malattia del cuore ed anche da alcune malattie sistemiche come ad esempio le disfunzioni della ghiandola tiroide.
La forma più semplice di tachiaritmia, la extrasistole, può non essere minimamente apprezzata oppure manifestarsi come sensazione di irregolarità del battito cardiaco, talora associata alla percezione di un senso di "vuoto", come se per un momento il cuore si fermasse. Le tachicardie si manifestano con una chiara sensazione di marcato aumento del numero dei battiti cardiaci, che si possono succedere in modo regolare o irregolare. Quando la frequenza cardiaca è molto alta ci possono essere senso di schiacciamento al petto, mancanza di respiro, sudorazione, spossatezza, vertigini. Nelle forme più gravi si può arrivare alla perdita di coscienza. Nelle bradicardie si possono avere senso di affaticamento, ridotta tolleranza agli sforzi, vertigini, ed anche in questo caso, nelle forme più gravi, si può arrivare alla perdita di coscienza.
Il primo esame da eseguire in una persona che abbia disturbi che fanno sospettare un’aritmia è l’elettrocardiogramma (ECG). Molto spesso questa metodica è già sufficiente a fornire informazioni su natura e gravità dell'aritmia. E’ però possibile che l’ECG, in particolare se effettuato in assenza di disturbi, non dia informazioni adeguate.
In questo caso le indagini vanno approfondite effettuando un elettrocardiogramma dinamico (Holter), che consente di seguire l'andamento del ritmo cardiaco durante le varie attività svolte dal paziente durante la giornata e durante la notte (24 ore). In alcuni casi un ulteriore approfondimento può essere ottenuto attraverso l’esecuzione di esami che favoriscano la comparsa di aritmie, permettendone una precisa identificazione, come il test ergometrico o lo studio elettrofisiologico.
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Le cardiopatie congenite sono delle malformazioni del cuore che si verificano in conseguenza di un'alterazione del normale sviluppo del cuore.
Le cardiopatie congenite sono tra le malformazioni congenite più frequenti. Numerosi studi dimostrano che l'incidenza delle cardiopatie congenite è intorno a otto casi per mille nati vivi, per cui, si può stimare che attualmente in Italia nascono circa 4000 neonati all'anno con cardiopatia congenita.
Le malformazioni cardiache possono essere di vario tipo e gravità, da forme che non hanno alcuna implicazione reale sulla salute del bambino e che consentono una vita normale sino a forme che sono incompatibili con la vita. Le malformazioni più comuni comprendono:
· Difetto interventricolare
· Difetto interatriale
· Dotto di Botallo pervio
· Coartazione aortica
· Tetralogia di Fallot
· Trasposizione completa delle grandi arterie
· Ritorno venosi polmonare anomalo
· Stenosi polmonare
· Atresia della tricuspide
· Atresia della polmonare
Avere una cardiopatia congenita non vuol dire avere necessariamente una malattia seria, poichè alcune cardiopatie sono di entità talmente leggera da non influenzare, come detto in precedenza, la salute ed il benessere del bambino e da non richiedere alcun tipo di terapia per tutta la vita. Al contrario alcuni difetti cardiaci congeniti sono talmente gravi da portare a morte un neonato in pochi giorni, almeno che non venga effettuato un intervento medico e chirurgico immediato. Tra queste due situazioni estreme, molte forme che necessitano una diagnosi precoce ed un corretto monitoraggio per effettuare le opportune scelte terapeutiche parallelamente alla crescita del bambino.
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